Crollano le esportazioni alimentari dal Regno Unito verso l’UE mentre crescono i mercati extra-europei

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Le esportazioni britanniche di food & drink verso l’Unione europea sono diminuite di oltre il 20% rispetto ai livelli precedenti alla Brexit. È quanto emerge dall’ultimo Trade Snapshot della Food and Drink Federation (FDF), che stima un calo complessivo del 23,4% negli ultimi cinque anni rispetto al periodo 2016-2020. Il report evidenzia una contrazione particolarmente marcata verso alcuni dei principali mercati comunitari. Tra il 2021 e il 2025 le esportazioni verso la Germania sono crollate del 59,1%, quelle verso la Polonia del 51,9% e quelle verso il Belgio del 39,9%.

Secondo la FDF, il dato riflette l’impatto strutturale delle nuove barriere commerciali introdotte dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, in un contesto già reso complesso dall’aumento dei costi di produzione, dalla pressione normativa e da una domanda interna debole. Karen Betts, CEO della Food and Drink Federation, ha sottolineato come la rimozione degli ostacoli commerciali con l’UE sia oggi cruciale per il settore. L’Unione europea resta infatti il principale partner commerciale per l’industria alimentare britannica.

Nel frattempo, le esportazioni verso i mercati extra-UE stanno mostrando una dinamica più favorevole. Nei primi nove mesi del 2025, l’export globale di food & drink è cresciuto del 5,8%, trainato soprattutto dai Paesi non comunitari, che registrano un aumento del 6,2% su base annua in valore. Particolarmente positivi i dati verso l’India (+9,6%) e verso i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (+6,3%). Anche le importazioni da Paesi extra-UE sono in aumento, con una crescita del 17,1%, portando il valore complessivo dell’import alimentare britannico a 49,6 miliardi di sterline.

In questo contesto, la FDF guarda con favore ai negoziati tra Regno Unito e Unione europea per un nuovo accordo Sanitary and Phytosanitary (SPS). L’obiettivo è ridurre controlli, costi e complessità negli scambi agroalimentari post-Brexit. A novembre, il Consiglio europeo ha autorizzato l’avvio dei negoziati per la creazione di una zona SPS comune e per il collegamento dei sistemi ETS sulle emissioni. Durante il summit di maggio, le due parti avevano già concordato di lavorare a una semplificazione del commercio transfrontaliero.

Il governo britannico ha indicato che l’accordo potrebbe portare alla rimozione di alcuni controlli su prodotti animali e vegetali, favorendo la libera circolazione delle merci e contribuendo a ridurre i prezzi sugli scaffali. La FDF avverte però che l’accordo SPS non rappresenterà una soluzione definitiva. Serviranno periodi di transizione chiari, supporto alle imprese e politiche complementari su packaging, etichettatura e procedure doganali.

L’associazione chiede inoltre un piano decennale per far crescere l’export alimentare britannico fino a 35 miliardi di sterline entro il 2035, senza compromettere la resilienza delle catene di approvvigionamento. Tra le proposte figura un fondo da 2,6 milioni di sterline per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese, in particolare delle PMI, replicando modelli già attivi in Scozia e Galles e rafforzando la presenza a fiere e iniziative di promozione internazionale.

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