Ad agosto le esportazioni di caffè brasiliano verso gli Stati Uniti sono crollate del 46%, mentre le vendite ai Paesi latinoamericani hanno registrato un vero e proprio boom. Lo ha reso noto Cecafé, l’associazione degli esportatori di caffè del Brasile, sottolineando come i dazi americani abbiano profondamente scosso il mercato internazionale.
Il presidente Donald Trump ha infatti introdotto, dallo scorso 6 agosto, un’imposta del 50% sulla maggior parte dei beni brasiliani, incluso il caffè, mettendo in difficoltà il principale produttore ed esportatore mondiale.
Gli Stati Uniti, primo consumatore globale, hanno importato solo 301.099 sacchi da 60 kg, contro i 562.723 dello stesso mese del 2024. Al contrario, le spedizioni verso Messico e Colombia sono balzate rispettivamente del 90% e del 578%, raggiungendo 251.166 e 112.948 sacchi.
La Germania, pur riducendo gli acquisti complessivi, è diventata il primo mercato di destinazione con 414.109 sacchi. “I dazi hanno sconvolto il mercato e favorito movimenti speculativi”, ha commentato il presidente di Cecafé, Marcio Ferreira, escludendo però la possibilità di re-esportare chicchi via Paesi terzi: “Sarebbe facilmente individuabile dal governo americano”.
Particolarmente colpito il settore del caffè solubile. Secondo l’associazione ABICS, le esportazioni verso gli Usa sono diminuite del 59,9%, scendendo a 24.460 sacchi contro i 65.914 dello scorso anno. “Un danno non solo per le nostre industrie ma anche per i partner commerciali americani”, ha dichiarato il direttore Aguinaldo Lima. Anche l’associazione brasiliana dei torrefattori (ABIC) lancia l’allarme: l’aumento dei prezzi rischia di spingere l’inflazione interna, con conseguenze dirette sui consumatori. “Il caffè torna a diventare più caro, e le lamentele stanno già aumentando”, ha avvertito il direttore Celirio Inacio.