La Spagna consolida la sua leadership nell’olio d’oliva: produzione a 1,4 milioni di tonnellate e export vicino al milione

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La Spagna rafforza il proprio ruolo di primo esportatore mondiale di olio d’oliva grazie a una netta ripresa produttiva che segna un punto di svolta dopo due campagne molto scarse. Il Informe Sectorial sobre aceite de oliva 2025, elaborato da Agrifood Comunicación e AgroBank con la collaborazione dell’Olive Oil World Congress, indica che la campagna 2024/25 raggiunge 1,4 milioni di tonnellate, riportando il Paese al centro del mercato europeo e globale. Le previsioni per il 2025/26 confermano una produzione stabile, stimata in 1,37 milioni di tonnellate.

Nonostante una caduta dei prezzi del 46,7% rispetto alla campagna precedente, l’olio d’oliva spagnolo mantiene una delle bilance commerciali più forti dell’agroalimentare, con esportazioni vicine al milione di tonnellate ogni anno. A livello globale, la produzione 2024/25 sale a 3,5 milioni di tonnellate, il massimo storico: 60% dell’UE e 40% di Paesi terzi, con la Spagna che rappresenta il 67% del volume europeo e il 40% di quello mondiale.

Il rapporto evidenzia che il settore olivicolo è presente in 58 Paesi, con 11,7 milioni di ettari complessivi, dei quali 2,7 milioni in Spagna. Il Paese mostra una forte dualità: 400.000 proprietari e 2,4 milioni di ettari di oliveti tradizionali — spesso in secco e in pendenza — a cui si affianca la crescita decisa dell’olivicoltura superintensiva, con 35.000 ettari in Andalusia e 15.000 in Estremadura. In questi sistemi, a 1.600-2.000 piante/ha, le rese raggiungono 10.000-12.000 kg/ha, con costi di raccolta ridotti (0,03-0,04 €/kg).

Il documento segnala però la fragilità economica dell’oliveto tradizionale, dove i costi possono arrivare a 5 €/kg di olio, mettendo a rischio la sostenibilità delle aziende. Per questo, la PAC 2023-2027 prevede aiuti mirati a sostenerne la continuità nelle aree a rischio spopolamento.

Sul fronte industriale, la Spagna dispone di 1.835 frantoi, 1.784 imprese di confezionamento, 64 estrattori di sansa e 25 raffinerie, oltre a un forte investimento sulla qualità: 30 DOP, 2 IGP e 284.000 ettari di oliveti biologici, una delle superfici bio più ampie al mondo per questo settore.

Dopo i prezzi eccezionalmente alti del 2022/23 e 2023/24, il mercato vive ora una fase correttiva. L’AOVE si colloca intorno ai 420 €/100 kg, con cali del 42% in Andalusia e del 48% in Castilla-La Mancha. Le altre categorie — vergine, lampante e sansa — seguono un andamento simile. La campagna era partita con stock molto bassi (296.000 t), ma la ripresa produttiva porterà le giacenze finali a 423.000 t, in aumento del 30%, generando ulteriori pressioni ribassiste.

Nonostante ciò, il profilo export resta solidissimo: 919.300 tonnellate di media in cinque campagne, oltre 5 miliardi di euro di valore e tassi di copertura superiori all’800%. Italia, Stati Uniti, Francia, Portogallo e Regno Unito sono i principali mercati. Tra le criticità, il rapporto ricorda che oltre il 60% delle esportazioni avviene alla rinfusa, soprattutto verso l’Italia, che imbottiglia e reexporta generando maggiore valore aggiunto.

Nelle ultime settimane analizzate, il prezzo dell’olio vergine è sceso del 3,73%, segnale di un mercato che tende a stabilizzarsi ma che pone il tema cruciale della sostenibilità economica del modello produttivo tradizionale in un contesto globale sempre più competitivo.

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