Un Paese senza figli cambia il mercato: il sondaggio che conferma le previsioni della GDO

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Negli ultimi giorni un noto giornale economico nazionale ha pubblicato un sondaggio che merita attenzione, non solo per ciò che racconta del Paese, ma soprattutto per ciò che implica per il nostro settore. È un’indagine che fotografa lo stato d’animo dei giovani in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, e il risultato per l’Italia è impietoso: siamo il Paese più sfiduciato d’Europa.

I dati parlano chiaro. Il 58% dei giovani italiani ritiene inadeguate le politiche per la famiglia, contro il 21% dei francesi e il 24% degli inglesi. Solo l’11% dichiara che il contesto lavorativo facilita la costruzione di un progetto familiare, mentre in Francia la quota sale al 49% e nel Regno Unito al 48%.

Ancora più significativo è il dato che riguarda la genitorialità: il 55% degli italiani non crede che le istituzioni riconoscano concretamente chi decide di avere un figlio, contro il 39% dei tedeschi e il 41% degli spagnoli. Ma è l’ultimo punto a colpire più di tutti: il 77% degli italiani dice che la decisione di avere figli dipende totalmente dall’aiuto della famiglia d’origine.

Siamo l’unico Paese dove la genitorialità viene percepita come economicamente impraticabile senza il sostegno dei nonni. Questi numeri, letti così, sembrano appartenere a una dimensione sociologica distante dal nostro mondo. Invece ci riguardano profondamente. Perché questo sondaggio non fotografa solo lo stato d’animo dei giovani italiani: fotografa il futuro dei consumi del mass market retail.

Se un’intera generazione non crede nel lavoro, non vede un futuro stabile, non pensa di poter costruire una famiglia e considera l’arrivo di un figlio un lusso riservato a chi ha appoggi economici familiari, allora sappiamo esattamente cosa questo significa per il nostro settore nei prossimi dieci, venti, trent’anni. Significa che le famiglie italiane continueranno a ridursi in numero e dimensione. Significa che il consumatore giovane resterà marginale. Significa che i carrelli ricchi delle famiglie con due o tre figli diventeranno sempre più rari. Significa che la spina dorsale dei consumi nei punti vendita italiani sarà composta da clienti maturi, oltre i 55 anni, e in misura crescente oltre i 65.

È esattamente ciò che emerse con straordinaria lucidità durante l’evento del 12 novembre, quando, in occasione dei 20 anni di GDO News, i manager della distribuzione presenti lo dissero chiaramente: gli over 65 hanno già oggi un’incidenza rilevante sulla redditività dei punti vendita, mentre gli under 35 rappresentano una quota minima e non strategica.

L’Istituto Piepoli, nella sua relazione, aveva delineato un’Italia caratterizzata da nuclei familiari sempre più ridotti, da un consumatore maturo, da una domanda che non nasce più e non rinascerà nel segmento giovane. Quel giorno molti parlarono di un’Italia che stava invecchiando, ma che soprattutto stava perdendo il motore demografico dei consumi.

Il sondaggio pubblicato in questi giorni non fa altro che confermare tutto questo, con evidenza ancora maggiore. La sociologia si è allineata alla statistica, e la statistica si sta allineando ai bilanci della GDO. Ci troviamo davanti a un cambiamento strutturale, non congiunturale, e questo comporta un nuovo modo di leggere il mercato. Non stiamo più entrando in un’Italia che “sta diventando” un Paese di consumatori anziani: ci siamo già dentro.

È un’Italia in cui il consumatore principale sarà sempre più adulto, autonomo, attento al prezzo, sensibile alla salute, con bisogni completamente diversi rispetto al passato. Ed è un’Italia che troverà nella marca del distributore, nella prossimità, nella semplicità e nella sicurezza i nuovi riferimenti di consumo. Il sondaggio, in fondo, non fa che mettere nero su bianco ciò che i manager della GDO avevano già compreso. E da oggi, con questa conferma esterna, possiamo dirlo con ancora maggiore chiarezza: il futuro del retail italiano è scritto nella demografia, e la demografia ha già scelto la sua direzione.

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