In un contesto di mercato segnato da incertezze e cambiamenti nei consumi, la filiera italiana delle carni si conferma una colonna portante dell’agroalimentare nazionale. Secondo uno studio Nomisma realizzato per UNICEB, il comparto genera 12,8 miliardi di euro di valore agricolo (19% del totale) e un fatturato industriale di 28,5 miliardi, posizionandosi come il secondo settore dell’industria alimentare per numero di addetti, con oltre 63.000 occupati.
Nel 2024 l’export di carni e derivati ha sfiorato i 5 miliardi di euro, trainato soprattutto dai Paesi UE, che assorbono oltre il 70% delle vendite all’estero. Sul fronte interno, invece, i consumi si stanno orientando sempre più verso le carni bianche, a scapito di quelle bovine e suine, mentre circa l’8% degli italiani dichiara di aver escluso del tutto la carne dalla propria dieta per motivi etici o salutistici.
L’indagine Nomisma evidenzia che tra chi consuma carne, i principali criteri di scelta sono la provenienza 100% italiana, la sostenibilità (allevamenti all’aperto, senza antibiotici) e il prezzo. L’85% degli italiani ritiene la sostenibilità un fattore centrale o comunque importante nelle decisioni di acquisto, con particolare attenzione alla riduzione di OGM, conservanti, antibiotici, all’impatto ambientale e al benessere animale.
“La sostenibilità – spiega Denis Pantini di Nomisma – può diventare un volano per i consumi, a patto di una comunicazione chiara. Negli ultimi anni la filiera italiana ha fatto passi avanti con investimenti in tecnologie verdi, energie rinnovabili e strategie di riduzione delle emissioni”.