Nel mondo delle private label, la responsabilità dei prodotti difettosi o non conformi alla Legge è sempre stata disciplinata dai contratti che la GDO stipula con i propri fornitori. Le clausole tradizionali di questi accordi sono note a tutti: il retailer si manleva da ogni responsabilità, trasferendo integralmente sul produttore l’onere civile e penale legato a eventuali difetti, contaminazioni o non conformità normative.
Una prassi consolidata, divenuta nel tempo una regola scritta e universalmente riconosciuta nel settore.
Eppure, la Legge racconta una storia più complessa. Se è vero che un contratto, ai sensi dell’art. 1321 del Codice Civile, è espressione dell’autonomia delle parti, è altrettanto vero che esso deve rispettare i principi generali del diritto e non può violare norme imperative o di ordine pubblico. Ed è proprio su questo punto che, tra la fine del 2024 e il 2025, la giurisprudenza ha inciso profondamente, mettendo in discussione la “manleva totale” finora considerata intoccabile.
Le nuove sentenze che ridefiniscono i confini
Diverse pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte di Cassazione hanno ridefinito i confini della responsabilità tra retailer e fornitore nel contesto della GDO, convergendo verso un principio di responsabilità solidale e di rafforzamento della tutela del consumatore.
Corte di Giustizia UE, causa C-157/23 (Ford Italia, 19 dicembre 2024)
La sentenza ha introdotto un principio chiave: anche il fornitore o il distributore può essere considerato produttore se si presenta come tale, ad esempio quando il marchio commerciale riportato sul prodotto coincide con il suo nome. In questi casi, la responsabilità verso il consumatore è solidale e diretta, anche se l’impresa non ha materialmente fabbricato il bene.
Corte di Cassazione, ordinanza n. 18530/2025
Riprendendo il principio europeo, la Cassazione ha affermato che il retailer non può liberarsi della responsabilità limitandosi a indicare il produttore originario. Se l’insegna ha avuto un ruolo attivo nella selezione, nell’etichettatura o nella promozione del prodotto, essa risponde ai sensi degli articoli 114 e seguenti del Codice del Consumo, al pari del produttore.
Cassazione, sentenza n. 8224 del 28 marzo 2025
La Corte ha ulteriormente chiarito che le clausole di esclusione totale della responsabilità inserite nei contratti tra retailer e fornitore sono nulle se violano i principi di buona fede o se mascherano casi di dolo o colpa grave. In altre parole, la contrattualizzazione non può diventare uno scudo per eludere le regole sulla responsabilità civile.
Le tre evoluzioni chiave
IN buona sostanza, dalle più recenti interpretazioni emergono tre linee evolutive generali che devono essere considerate a livello normativo:
- Estensione del concetto di produttore apparente, che include anche il distributore o fornitore il cui marchio coincide o si confonde con quello del produttore.
- Riconoscimento del principio di rivalsa post-responsabilità, che consente al retailer condannato di rivalersi successivamente sul produttore effettivo.
- Collegamento con la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), che impone obblighi di vigilanza sulla sicurezza e sull’etica della catena di fornitura.
In sintesi, le sentenze del biennio 2024-2025 segnano un cambio di paradigma: la responsabilità nei prodotti MDD è oggi condivisa, e la manleva totale del retailer non è più una certezza. Le insegne dovranno riscrivere le proprie clausole contrattuali tenendo conto di un principio cardine: il consumatore viene prima di ogni accordo commerciale.