Il comparto lattiero-caseario britannico è tornato sotto pressione: più produttori registreranno nel mese di dicembre un prezzo alla stalla inferiore a 40 pence al litro, in un contesto di corrente negativa per il settore. La causa principale risiede nella combinazione tra un’offerta elevata di latte nel Regno Unito — con le consegne che risultano oltre il 6 % superiori rispetto allo stesso periodo dello scorso anno — e un calo della domanda su scala europea e globale.
A peggiorare la situazione, la flessione dei prezzi all’ingrosso di burro, formaggio e panna, che trascina verso il basso i margini dei trasformatori e, di riflesso, i corrispettivi riconosciuti agli allevatori.
Tra gli operatori principali, la cooperativa First Milk ha annunciato un taglio del prezzo di 6 pence al litro per il mese di dicembre, stabilendo il nuovo standard per latte da trasformazione a 35,85 pence al litro (incluso il premio per i soci).
Anche la multinazionale Arla Foods ha ridotto il prezzo: la quota convenzionale da trasformazione si attesta a 42,71 pence al litro per novembre (liquido 40,95 pence/l). Muller UK, inoltre, ha fissato per dicembre un corrispettivo di 40 pence/l per latte liquido standard nei contratti diretti, con una riduzione di 1,5 p rispetto al mese precedente. Un’altra realtà, Freshways Dairy, ha annunciato una riduzione di 2 p al litro che porterà il prezzo per dicembre a 34 pence/l. L’azienda cita come causa un eccesso di offerta significativo e rendimenti in forte indebolimento.
I prezzi spot, ovvero quelli praticati fuori contratto, si sono addirittura attestati a livelli inferiori alle 20 pence al litro, una soglia raramente vista nella fase autunnale. Dal versante degli esperti del settore, il messaggio è chiaro: se l’offerta rimane elevata e la contrazione della domanda perdura, non è previsto un recupero dei corrispettivi prima della seconda metà del 2026.
Questo quadro segnala un ritorno delle criticità che avevano già afflitto il settore lattiero-caseario europeo nel biennio 2019-2020, ma questa volta in un contesto geopolitico diverso, con i costi di produzione — alimentazione animale, energia, fertilizzanti — che restano elevati.
Per gli allevatori britannici la situazione diventa ancora più complessa: la riduzione dei prezzi alla stalla comporta una marginalità molto compressa, il che spinge alcune aziende a rivedere i piani produttivi, a cercare contratti diversificati o a valutare l’uscita dal business latte.
Dal punto di vista della filiera, i tagli commissionati dai trasformatori indicano una strategia volta a preservare la redditività della produzione casearia in un contesto di oversupply: tuttavia tale strategia scarica gran parte del peso sugli allevatori. Dal punto di vista normativo e strategico, restano gli interrogativi su quanto le politiche pubbliche europee e britanniche supporteranno la redditività degli allevatori in questa fase critica. In particolare, la gestione dei costi, l’efficienza produttiva e le forme contrattuali tra allevatori e trasformatori assumono un’importanza crescente.
Per il mercato italiano ed europeo, questo andamento inglese va letto come un segnale: anche nelle filiere più consolidate possono emergere vulnerabilità nei prezzi della materia prima latte, e l’equilibrio tra offerta e domanda rimane un elemento chiave per stabilizzare i corrispettivi.
In conclusione, le riduzioni dei prezzi alla stalla annunciate per il Regno Unito rappresentano un campanello d’allarme per l’intera filiera lattiero-casearia: la compressione dei margini entro le aziende agricole minaccia la sostenibilità produttiva e impone un’attenta riflessione sull’intera catena del valore — dal campo al consumatore. Per il comparto italiano, vale la pena monitorare attentamente l’evoluzione degli scenari internazionali e valutare le misure di mitigazione — contratti a lungo termine, filiere integrate, diversificazione, efficienza energetica — per non subire analoghe pressioni nei prossimi mesi.



















