Emipace: Emilia e Piacenza protagoniste con loro cultura culinaria per raccontare una tradizione autentica che va un po’ fuori dalle righe. A Milano il nuovo format ristorativo di Marco Salerno prende vita con proposte interessanti sotto più punti di vista.
Smart, Conviviale e alla portata di tutti, così Marco Salerno, fondatore di Emipiace definisce il suo marchio. Nato circa un anno fa, Emipiace, si sta affermando sulla scena milanese con un menù tutto da scoprire, che fra tradizione e rivisitazione è capace di soddisfare anche necessità gluten free e vegetariane.
Creare un format davvero unico richiede un mix di esperienza, passione e visione. Marco Salerno è riuscito a combinare questi elementi, dando vita ad un progetto ristorativo che intreccia la tradizione culinaria emiliana e piacentina con un approccio innovativo e replicabile, che ha studiato per anni. Al centro di tutto c’è la sua storia personale, profondamente legata al suo trascorso familiare, da cui la realizzazione del suo ristornate non può prescindere. Marco infatti, figlio di ristoratori, gira per le sale dei ristoranti di famiglia da quando aveva 14 anni, e non appena compiuti 18, insieme al fratello apre un nuovo locale che segue la stessa line d’onda del primo, inaugurato dal padre nel 1997 a Milano sud.
Dopo anni di appunti su un quaderno e diversi impieghi nella ristorazione, Emipiace prende finalmente vita e rappresenta a tutti gli effetti “un format che ho pensato e studiato per essere replicabile al 100% con un menù di piatti scelti ed una qualità alta – afferma Marco – lo scopo era anche fare un focus sulla cucina piacentina ed emiliana e proporla sul territorio milanese, centralizzando tutto ma facendo poche cose e cercando di farle al meglio. Alla base di tutto c’è sicuramente l’identità piacentina ed emiliana ma volevo trovare un equilibrio andando anche un po’ fuori dalle righe, cercando però l’equilibrio con la tradizione”.
Un’idea che abbraccia tutti i format più moderni ma è al contempo frutto di un percorso di vita che ha reso autentico e personale il suo marchio. Il progetto di Emipiace è nato da un sogno che il fondatore coltivava da tempo: un format che coniugasse la tradizione culinaria emiliana con un approccio contemporaneo, che racconti una storia reale e genuina e ricalchi in parte, le sue origini.
Una filosofia che si riflette a tutti gli effetti nel menù proposto, “il nostro menu è un incontro di tradizione e innovazione, con piatti realizzati tramite prodotti selezionati da alcuni dei migliori salumifici. Alcuni esempi sono la ‘mortadella alla favola’ e la ‘pancetta alla Giovanna’, mentre il nostro prosciutto di Parma 24 mesi arriva direttamente dal salumificio Rossi di Parma. Ogni ingrediente è scelto con cura: dai formaggi provenienti dall’Antica Cascina Forlì ai prodotti ricercati del territorio. Abbiamo due frittini tipici: i tortellini bolognesi, tradizionalmente preparati in brodo, ma che noi friggiamo come a Bologna, aggiungendo una crema al parmigiano o ragù, una vera innovazione di un piatto classico. Poi ci sono i Bartolacci: l’impasto della piada romagnola ripieno di squacquerone e rucola. Tra i nostri primi, spiccano piatti tipici come la ‘treccia piacentina’ con ricotta, spinaci, burro e salvia, o la ‘tagliatella al ragù”.
Un altro piatto reinterpretato sono le chicche con crema al parmigiano e crudo croccante 24 mesi. Non mancano poi le proposte più originali, come i ‘garganelli emiliani’, rivisitati con una crema allo zafferano e pancetta alla Giovanna, un piatto che visivamente ricorda la carbonara ma con un tocco personale. Tra le altre proposte tradizionali, ci sono anche piatti come i ‘Pisei e faseu’, un altro classico della cucina piacentina.
Tra i punti di forza di Emipiace c’è una media scontrino che varia “dai 25 ai 35 euro, collocandoci nella stessa categoria di una pizzeria. Possiamo rappresentare una giusta alternativa, anziché la solita pizzata tra amici, ad esempio, i clienti possono venire ad assaggiare qualcosa di nuovo restando comunque nel solito costo”.
Se originalità vuol dire avere il coraggio di mettersi in gioco e cercare sempre nuovi metodi per farlo, la storia di Marco Salerno è l’incarnazione di questa definizione. Restare nel mondo della ristorazione, ma dimostrare a sé stesso di poter fare di più. “Dopo due o tre anni a lavorare nel nuovo ristorante che avevamo aperto, mi sono reso conto che non stavo crescendo come persona a livello lavorativo, volevo di più. Il compito era far sentire bene i clienti e gestire il personale, la gestione era piuttosto semplice, però non riuscivo a crescere, nello specifico volevo saper gestire un’azienda lavorativa – racconta Marco – così ho lasciato e sono andato a vivere per un po’ a Barcellona. Dopodiché, sono tornato a Milano a causa della pandemia e cercando lavoro vengo assunto come cameriere. Non avevo messo sul curriculum che avevo lavorato nella ristorazione perché il mio obbiettivo era quello di vedere se veramente sapevo fare qualcosa – racconta Marco – questo perché, quando si lavora per la famiglia o per sé stessi si è sempre bravi perché nessuno ti può giudicare. Volevo farmi giudicare da persone esterne per quello che sapevo fare”. Da lì in poi, ha intrapreso una serie di scelte lavorative mirate, selezionando con cura ogni opportunità per imparare qualcosa di nuovo, e nel frattempo frequentava corsi di gestione d’impresa.
Immerso in un presente più che impegnativo, il futuro di Emipiace ha già degli obbiettivi ben saldi “il mio obbiettivo principale è creare un’azienda ristorativa a tutti gli effetti, avendo fatto una cosa replicabile sarebbe bello vederlo anche da altre parti. Ora è presto perché siamo aperti da un anno e dobbiamo far funzionare bene quello che abbiamo. L’idea però è questa, una cosa che anche mio papa aveva in mente al tempo, oltre ai ristoranti aveva iniziato una cosa tipo franchising – conclude – quello che mi interessa di più è costruire un’azienda sana e sostenibile, dove ogni dettaglio – dalla qualità degli ingredienti alla gestione operativa – sia attentamente calibrato e funzioni”.
Il nome Emipiace racchiude in sé un tributo alle radici Emiliane e Piacentine e fonde i due nomi con un’affermazione di passione e piacere per la cucina. Oggi, ad un anno dall’apertura, si tratta di un format da tenere d’occhio ed in continua crescita nella scena culinaria milanese.