Starbucks ha reso noti alcuni dati recenti che confermano un calo delle vendite a livello globale, attribuito dall’azienda stessa a una netta diminuzione della clientela nei punti vendita. Nell’ultimo trimestre, concluso a settembre, le vendite nei negozi d sono diminuite del 7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una flessione dei ricavi netti del 3%, pari a 9,1 miliardi di dollari.
La crisi di Starbucks era iniziata con un rallentamento meno pronunciato nella prima parte dell’anno. La scorsa estate, dopo sei mesi di calo delle vendite e una riduzione del valore delle azioni di quasi il 30%, l’azienda aveva deciso di sostituire improvvisamente il proprio amministratore delegato. Dal 9 settembre, Brian Niccol ha infatti preso il posto di Laxman Narasimhan dichiarando un imminente e radicale cambio di strategia. Il fatturato per l’anno fiscale appena concluso è stato di 36,2 miliardi di dollari, con un incremento dell’1% rispetto all’anno precedente, inferiore però alle previsioni dell’azienda.
Negli Stati Uniti, paese d’origine di Starbucks e suo mercato principale, le vendite sono diminuite del 6%. L’azienda ha spiegato che gli investimenti recenti, mirati ad ampliare l’offerta di prodotti e a promuovere sconti per i clienti che utilizzano l’app, non hanno raggiunto i risultati sperati. In generale, Starbucks si è trovata ad affrontare un calo nelle spese dei consumatori statunitensi per beni non essenziali, fenomeno particolarmente evidente dopo la pandemia.
Nell’ultimo periodo, l’azienda ha anche segnalato l’impatto della crescente concorrenza da parte di altre caffetterie e catene simili. Questo fenomeno ha avuto un effetto significativo soprattutto in Cina, secondo mercato più importante dopo gli Stati Uniti, dove l’azienda aveva grandi piani di espansione ma le vendite sono diminuite del 14% nell’ultimo trimestre.