Donald Trump torna alla Casa Bianca, e così anche l’ombra dei dazi sulle importazioni negli Stati Uniti, che graverebbero sull’economia italiana, in particolare sul Made in Italy. A fornire una panoramica più precisa sugli scenari possibili è Prometeia, che attraverso un recente studio stima che i costi aggiuntivi per l’Italia si collocherebbero tra i 4 e i 7 miliardi di dollari. I settori più esposti sarebbero la meccanica, la moda e l’agroalimentare, con le imprese che si troverebbero a scegliere tra assorbire i costi dei dazi per mantenere la competitività o incrementare i prezzi, con potenziali impatti sulle quote di mercato.
Il primo scenario ipotizza un aumento del 10% solo sui prodotti già sottoposti a dazi, con costi aggiuntivi per oltre 4 miliardi di dollari. Il secondo scenario considera un aumento generalizzato delle tariffe, con costi che supererebbero i 7 miliardi, penalizzando in particolare il settore della meccanica. Questo possibile protezionismo includerebbe anche beni a media e alta intensità tecnologica, come i prodotti farmaceutici, attualmente meno soggetti a dazi.
Gli Stati Uniti rappresentano oggi il secondo mercato di esportazione per l’Italia, con dazi già in essere per circa 2 miliardi di dollari. L’effetto dell’aumento tariffario dipenderebbe dalla capacità di sostituire beni importati con alternative domestiche, ma l’impatto sui costi per le imprese esportatrici resterebbe rilevante.
Lo studio di Prometeia definisce la proposta tariffaria “impraticabile” sotto vari aspetti, considerando le possibili ritorsioni internazionali, le difficoltà per le aziende americane importatrici e l’effetto sui consumatori. In aggiunta, secondo l’analisi, questa misura risulterebbe complessa anche dal punto di vista fiscale: per compensare una riduzione del 10% nelle entrate da reddito, i dazi dovrebbero triplicare rispetto ai livelli attuali, ponendo una sfida significativa per il Tesoro americano.