È tornato ieri sulle TV italiane “Boss In Incognito”, il docu-reality di Rai 2 basato sul format UK Undercover Boss che fa discutere critici televisivi, imprenditori e (soprattutto) sindacati. Per chi non lo avesse mai visto, il format è molto semplice: l’imprenditore a capo di una grande azienda viene travestito fingendosi generalmente un nuovo assunto per mescolarsi ai dipendenti e scoprire cosa pensano dell’azienda.
Ieri sera è andata in onda la prima puntata di questa edizione che aveva come protagonista Domenico Bianco detto Mimmo, amministratore delegato di Soavegel, realtà leader nella produzione di surgelati con sede a Francavilla Fontana (BR) molto conosciuta nel settore del largo consumo.
Non volendo entrare nel merito di un format televisivo né tantomeno dei motivi che spingono o meno le aziende a prendervi parte, è indubbiamente un spunto interessante su cui riflettere in virtù del bisogno reale che ne emerge e che il mercato avverte, ovvero la rilevazione di disfunzioni legate al clima interno e la possibilità di intervenire dove vi siano aree di inefficienza e malcontento. In alcune società tale esigenza viene affrontata in maniera direttiva, calando dall’alto gli interventi, senza un vero ascolto e approccio legato a dati e osservazioni obiettive.
Lo stesso “Boss In Incognito”, che strizza l’occhio ai reality show, esplicita un modello di pensiero che finisce per far apparire l’imprenditore di turno come il deus ex machina che punisce o elargisce bonus, facendo valutazioni basate sui racconti della vita privata di un suo dipendente.
Un modello che, calato nella quotidianità dell’organizzazione, risulta distorsivo se non dannoso per gli equilibri aziendali. Se infatti l’obiettivo è quello di dare un feedback sulla qualità del lavoro svolto dal dipendente, il modo migliore per farlo è in maniera trasparente, basandosi su osservazioni continuative e dirette da parte del management.
Se la necessità è comprendere aree di insofferenza o malumori interni, forse, sarebbe meglio utilizzare metodologie consolidate per misurare il clima aziendale, rilevare bisogni formativi del personale o migliorare i processi. Là dove la società vende prodotti, offre servizi a utenti, clienti o consumatori, è possibile spingersi oltre con un approccio professionale e metodologie innovative (eseguite da esperti del settore) allenate all’ascolto, all’osservazione delle relazioni umane in contesti complessi e in grande trasformazione.
Un approccio diametralmente opposto al modello “boss in incognito”, dove all’osservazione soggettiva dell’imprenditore si sostituisce quella oggettiva di esperti della relazione e alla concessione magnanima di bonus one-shot e premi del boss (che decide sulla base di ciò che ha visto, seguito dalle telecamere) si sostituisce il lavoro di team guidato da coach professionisti per codificare progetti e politiche di premialità.
Sia chiaro che questo non vuole essere un attacco né al format televisivo in sé né tantomeno all’azienda che ha deciso di parteciparvi ma una riflessione più ampia sulla necessità, oggi più che mai concreta, di misurare la felicità dei propri dipendenti in modo corretto e obiettivo.