La Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria, accusandola di imporre limiti ingiusti ai margini di profitto per le aziende non ungheresi che vendono prodotti alimentari e non alimentari. Le restrizioni colpiscono sia i supermercati che le catene di drugstore, costringendo secondo Bruxelles molte aziende straniere a vendere in perdita.
Secondo la Commissione, tali misure violano l’articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che garantisce la libertà di stabilimento e il trattamento equo degli operatori economici. Le autorità pubbliche, inoltre, non dovrebbero imporre vincoli se non per perseguire obiettivi di interesse pubblico legittimo.
L’Ungheria ha ora due mesi per fornire una risposta formale e adottare misure correttive, altrimenti Bruxelles potrà procedere con ulteriori azioni.
Parallelamente, la Commissione ha intensificato l’indagine sulla tassa al dettaglio introdotta dal governo ungherese, portandola alla seconda fase della procedura d’infrazione. Oggetto della contestazione è l’aliquota del 4,5% imposta principalmente ai grandi gruppi stranieri, contro il più favorevole 0-1% per le imprese operanti in franchising. SPAR e il governo austriaco avevano presentato un reclamo formale ad aprile 2024.
Il ministro Gergely Gulyás ha difeso la posizione ungherese, affermando che Budapest resisterà alle pressioni europee per tutelare i consumatori e le imprese locali, accusando Bruxelles di voler difendere unicamente gli interessi delle multinazionali.