Dealcolati, la burocrazia frena i vini del futuro?

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Il mercato dei vini a basso o nullo contenuto alcolico cresce a ritmi sostenuti nel mondo, ma in Italia resta bloccato dalla burocrazia. Dopo l’approvazione del decreto che consente anche nel nostro Paese la produzione di vini dealcolati, tutto sembrava pronto per partire. Invece, il settore è di nuovo fermo. A Vinitaly, il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, ha denunciato lo stallo causato da una mancata armonizzazione tra norme fiscali (MEF) e agricole (Masaf).

Il risultato? Le aziende italiane che hanno già investito in impianti restano paralizzate e, per ora, producono all’estero. Secondo UIV, senza un intervento immediato del Ministero dell’Agricoltura, la produzione non potrà partire prima del 2026. A complicare ulteriormente il quadro, ci sono anche le norme sulla separazione degli spazi produttivi e il divieto sugli spumanti dealcolati gassificati.

Intanto, il mercato globale del vino “No-Lo” continua a correre, con un valore attuale di 2,4 miliardi di dollari e previsioni di crescita fino a 3,3 miliardi entro il 2028. Ma in Italia, il gioco dell’oca continua.

Le imprese chiedono una norma ponte per sbloccare la situazione e poter avviare una fase di transizione. Il rischio è che l’Italia perda un’importante opportunità economica e d’innovazione. La lentezza normativa stride con la vivacità di un settore in evoluzione. Anche i consumatori italiani, sempre più attenti alla salute, attendono risposte. Un’occasione che non può più essere rimandata.

Vini del futuro

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