Pasti pronti e popolazione anziana: il settore alimentare è davvero preparato?

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Entro il 2030, una persona su sei nel mondo avrà più di 60 anni, una quota destinata a salire al 22% entro il 2050. Un cambiamento epocale che pone sfide importanti anche all’industria alimentare, in particolare per quanto riguarda i pasti pronti. Nel Regno Unito, il consumo ha superato i 600 milioni di kg nel 2024, in crescita costante da dieci anni, con un valore di mercato previsto di 5 miliardi di sterline nel 2025.

Secondo Cyrille Filott di Rabobank, “i pasti pronti rispondono bene a famiglie più piccole e stili di vita frenetici”, e gli over 60 rappresentano un’opportunità concreta sia in termini di volume che di valore, specie se i prodotti sono studiati su misura.

Tuttavia, come spiega Myriam Snaet di Beneo, “nonostante abbiano esigenze nutrizionali specifiche, i Baby Boomer sono meno coinvolti nella ricerca di alimenti salutari rispetto ai più giovani”. Solo il 35% di loro cerca informazioni nutrizionali, contro il 57% della Gen Z.

Lorena Savani (EIT Food) sottolinea che “tutti sanno cosa significhi mangiare sano, ma non sempre si aggiornano le abitudini alimentari con l’età”. Secondo Begoña Pérez Villareal, “l’industria alimentare non ha ancora una strategia chiara per questo target, che resta poco rappresentato sugli scaffali”.

Nonostante le difficoltà di marketing verso chi non vuole “essere etichettato come anziano”, secondo Filott basterebbe comunicare in modo più mirato i benefici dei pasti: “un pasto morbido, facile da deglutire, ricco di proteine, ben etichettato”.

Lesley Carter di AgeUK conclude: “Per molti anziani i pasti pronti sono una necessità, e se ben formulati possono garantire nutrizione adeguata in modo semplice ed economico. L’importante è dire chiaramente a chi sono destinati.”

Pasti pronti e popolazione anziana

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