Uno studio condotto dal James Hutton Institute e dal Ruralis Institute norvegese ha analizzato le conseguenze socio-economiche dell’introduzione delle proteine coltivate e di una tassa sul carbonio nel sistema alimentare, con un focus specifico sulla Norvegia. I ricercatori hanno simulato due scenari: uno con e uno senza imposta sul carbonio. In entrambi i casi, i prodotti derivati da bovini e ovini (manzo, agnello, latte e uova) risultano i più vulnerabili alla concorrenza delle alternative coltivate, mentre suino e pollo sembrano più resilienti, grazie alle minori emissioni associate.
L’adozione della carbon tax accelererebbe la perdita di quote di mercato per i prodotti animali, aumentando i loro costi. Lo studio presume che i consumatori trattino le proteine coltivate e convenzionali come sostituibili, con il prezzo come fattore decisivo.
Nonostante i sussidi pubblici all’allevamento animale rendano difficile la competitività dei prodotti coltivati, i progressi tecnologici – come la riduzione dei costi dei mezzi di coltura cellulare e bioreattori più efficienti – stanno rendendo queste alternative sempre più accessibili.
Secondo il dottor Nick Roxburgh, il settore ovicaprino è il più esposto al rischio, anche nel Regno Unito. Per questo, conclude lo studio, è fondamentale pianificare in anticipo l’impatto che le proteine coltivate potrebbero avere sull’agricoltura e sulle economie rurali.