In occasione dell’80° anniversario di Assalzoo, l’Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici, è stato presentato uno studio di Nomisma che traccia l’evoluzione del settore mangimistico italiano dal dopoguerra a oggi. I numeri raccontano una crescita straordinaria: la produzione nazionale di mangimi è passata da 300 mila tonnellate nel 1950 a 15,4 milioni nel 2023, con un incremento di oltre 50 volte.
Parallelamente, il settore ha subito un profondo processo di razionalizzazione industriale. Gli impianti produttivi si sono ridotti da 1.359 a 417, mentre la produzione media per stabilimento è aumentata da 2.700 a 36.800 tonnellate. Un’evoluzione che riflette il passaggio da una struttura diffusa e artigianale a una realtà altamente efficiente, tecnologica e sostenibile.
Questo sviluppo ha accompagnato la trasformazione dell’allevamento italiano, passato da un modello rurale a sistemi altamente specializzati. Oggi il comparto conta 2,28 milioni di bovini da carne in oltre 80.000 allevamenti, 2,61 milioni di bovini da latte in 23.000 aziende, 7,86 milioni di suini in circa 24.000 allevamenti e ben 152,7 milioni di capi avicoli distribuiti su 6.700 strutture.
Nonostante questi progressi, l’Italia resta deficitaria in alcune filiere: l’autosufficienza è pari al 40% per le carni bovine e al 60% per le suine. Migliori le performance per i prodotti lattiero-caseari (82%) e ottima per carni avicole e uova, dove si registra un’autosufficienza pressoché totale.
Guardando al futuro, la produzione mangimistica punterà sempre più su innovazione e sostenibilità. Tra le tecnologie chiave ci saranno il precision feeding, l’automazione nella distribuzione e l’utilizzo di sottoprodotti e materie prime alternative, in linea con i principi dell’economia circolare.
Secondo Ersilia Di Tullio di Nomisma, “il settore rappresenta un esempio virtuoso di integrazione tra agricoltura e industria, in grado di sostenere la competitività delle filiere zootecniche italiane”.